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A review by chaegjang
Quello che non ti ho mai detto by Celeste Ng
4.0
Un ottimo libro sui legami familiari, e soprattutto sui pesi emotivi.
Il peso della storia prima di noi. Il peso dei dolori e delle privazioni dei nostri genitori, che rischiano di diventare soffocanti aspettative o estenuanti mancanze.
Il peso della paura. Paura dell'abbandono, di non essere abbastanza, di non venire mai visti o di venire visti troppo e sempre.
Il peso delle incomprensioni, di cui è difficile liberarsi per la nostra tendenza umana a non riuscire a vederle, e nemmeno a prenderle in considerazione, in primo luogo.
Questo libro riesce a provocare empatia e a stimolare pietà per tutti i suoi personaggi, anche quelli che ti muovo rabbia e critica (leggasi: i genitori), perché riesce a mostrare come in fondo tutti i nostri sbagli - anche i peggiori - quasi sempre sono umanamente spiegabili, anche se non condivisibili.
Ho provato soprattutto tanta pena per i tre figli, Lydia, Nath e Hanna. In particolare per Nath e Hanna, forse perché mi sono sembrate le vittime più sacrificate in un cappio di legami che segretamente soffocava tutta la famiglia da anni (Hanna poi l'avrei abbracciata tipo ad ogni pagina, my little baby).
Consigliato a chi cerca un libro su famiglia disfunzionali ma ""normali"" allo stesso tempo, a chi apprezza l'utilizzo di più punti di vista e una narrazione basata su flussi di coscienza e riflessioni dei personaggi.
"Per tutta la vita Nath aveva capito, meglio di chiunque altro, il lessico della loro famiglia, le cose che non avrebbero mai saputo spiegare a una persona esterna: che un libro o un vestito non erano semplicemente una cosa da leggere o da indossare; che l'attenzione comportava aspettative che fluttuavano e si posavano - come neve - schiacciandoti sotto il loro peso."
Il peso della storia prima di noi. Il peso dei dolori e delle privazioni dei nostri genitori, che rischiano di diventare soffocanti aspettative o estenuanti mancanze.
Il peso della paura. Paura dell'abbandono, di non essere abbastanza, di non venire mai visti o di venire visti troppo e sempre.
Il peso delle incomprensioni, di cui è difficile liberarsi per la nostra tendenza umana a non riuscire a vederle, e nemmeno a prenderle in considerazione, in primo luogo.
Questo libro riesce a provocare empatia e a stimolare pietà per tutti i suoi personaggi, anche quelli che ti muovo rabbia e critica (leggasi: i genitori), perché riesce a mostrare come in fondo tutti i nostri sbagli - anche i peggiori - quasi sempre sono umanamente spiegabili, anche se non condivisibili.
Ho provato soprattutto tanta pena per i tre figli, Lydia, Nath e Hanna. In particolare per Nath e Hanna, forse perché mi sono sembrate le vittime più sacrificate in un cappio di legami che segretamente soffocava tutta la famiglia da anni (Hanna poi l'avrei abbracciata tipo ad ogni pagina, my little baby).
Consigliato a chi cerca un libro su famiglia disfunzionali ma ""normali"" allo stesso tempo, a chi apprezza l'utilizzo di più punti di vista e una narrazione basata su flussi di coscienza e riflessioni dei personaggi.
"Per tutta la vita Nath aveva capito, meglio di chiunque altro, il lessico della loro famiglia, le cose che non avrebbero mai saputo spiegare a una persona esterna: che un libro o un vestito non erano semplicemente una cosa da leggere o da indossare; che l'attenzione comportava aspettative che fluttuavano e si posavano - come neve - schiacciandoti sotto il loro peso."