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A review by melanto_mori
The Mist by Stephen King
3.0
In verità non sapevo che “The Mist” fosse un racconto lungo (tratto dalla raccolta “Spettri”), se non quando l’ho trovato scritto sull’edizione della Pickwick che ho io e che vende “The Mist” come volume a sé.
Per me ha pro e contro.
Se avete già letto qualcosa di King, sappiate che i pro sono i classici: la sua abilità di farti venire l’angoscia e la strizza, per esempio. O come riesce a far crescere la tensione fino a che non esplode. E questo nonostante io avessi già visto il film del 2007, quindi sapessi in anticipo cosa aspettarmi.
Ho apprezzato molto la sua abilità nel costruire e caratterizzare, in una sorta di folle crescendo, il personaggio della signora Carmody (che si può dire – a distanza di quasi quarant’anni – incarni alla perfezione le bruttezze della società che si fa santona e voce di quel fanatismo malato che dovrebbe essere soppresso sul nascere).
Per i contro: non mi è piaciuto molto l’utilizzo di questa prima persona, mi è sembrata un po’ macchinosa e a volte finiva per dilungarsi troppo su ricordi che non avevano niente a che fare con quello che stava accadendo.
Ho trovato un po’ fastidioso il modo del protagonista e voce narrante di porsi verso il figlio: cioè, sto bambino ha cinque anni e a volte veniva trattato come se ne avesse dieci.
Né mi ha fatto impazzire la tresca estemporanea con il personaggio di Amanda. L’ho trovato un espediente del tutto inutile. Cioè, che proprio, nell’economia della storia, non serviva a niente (ed era pure un tantino fuori luogo).
Infine, il finale.
Io ho preferito di gran lunga il finale del film.
Sono certa che per moltissimi altri il finale del racconto sia mille volte meglio perché ha una speranza di fondo, ma io davvero ho adorato il finale del film.
Un finale terribile, che mi fece rimanere di merda, ma così di merda… e che pensai fosse davvero una genialata.
Quindi, consigliato? Sì.
C’è di meglio di King, ma sì, comunque lo consiglio. È una lettura veloce che per questo periodo ci stava proprio bene :D Poi ammetto di adorare l’espediente narrativo di questo racconto.
Per me ha pro e contro.
Se avete già letto qualcosa di King, sappiate che i pro sono i classici: la sua abilità di farti venire l’angoscia e la strizza, per esempio. O come riesce a far crescere la tensione fino a che non esplode. E questo nonostante io avessi già visto il film del 2007, quindi sapessi in anticipo cosa aspettarmi.
Ho apprezzato molto la sua abilità nel costruire e caratterizzare, in una sorta di folle crescendo, il personaggio della signora Carmody (che si può dire – a distanza di quasi quarant’anni – incarni alla perfezione le bruttezze della società che si fa santona e voce di quel fanatismo malato che dovrebbe essere soppresso sul nascere).
Per i contro: non mi è piaciuto molto l’utilizzo di questa prima persona, mi è sembrata un po’ macchinosa e a volte finiva per dilungarsi troppo su ricordi che non avevano niente a che fare con quello che stava accadendo.
Ho trovato un po’ fastidioso il modo del protagonista e voce narrante di porsi verso il figlio: cioè, sto bambino ha cinque anni e a volte veniva trattato come se ne avesse dieci.
Né mi ha fatto impazzire la tresca estemporanea con il personaggio di Amanda. L’ho trovato un espediente del tutto inutile. Cioè, che proprio, nell’economia della storia, non serviva a niente (ed era pure un tantino fuori luogo).
Infine, il finale.
Io ho preferito di gran lunga il finale del film.
Sono certa che per moltissimi altri il finale del racconto sia mille volte meglio perché ha una speranza di fondo, ma io davvero ho adorato il finale del film.
Un finale terribile, che mi fece rimanere di merda, ma così di merda… e che pensai fosse davvero una genialata.
Quindi, consigliato? Sì.
C’è di meglio di King, ma sì, comunque lo consiglio. È una lettura veloce che per questo periodo ci stava proprio bene :D Poi ammetto di adorare l’espediente narrativo di questo racconto.